Autore: Andrea D'angelo
Edito da: Nord (Fantacollana)
Anno: 2005
Pagine: 444
Prezzo: euro 16,50
Giudizio: 7.5/10
Inauguro la sezione "Recensioni" con un romanzo di un autore nostrano. Premetto che La Rocca dei Silenzi mi è piaciuto; il romanzo mi ha conquistata pian piano, ma con forza. Mi ha sorpresa e affascinata in molti passaggi (diciamo per il 90% della totalità), in pochi altri mi ha lasciato un po' smarrita e spiegherò perchè. Ma andiamo per ordine.
Nota: questa recensione contiene spoiler!
Trama
Anch'io, come già altri, ho iniziato a intuire il “segreto” della Rocca prima della metà del libro. Questo mi è dispiaciuto molto, ma in parte è stata colpa mia, perchè l'eccessiva curiosità mi aveva portata a spulciare i forum e le recensioni in rete nell'attesa che il romanzo ordinato su ibs.it mi giungesse. Tuttavia il presagio dello svolgimento finale della trama non ha inficiato la godibilità del tutto. Una lode all'autore per come ha saputo gestire gli intrighi e i sotto-intrighi. Promuovo in pieno quella che definirei una “tecnica di scorci”: spezzettare internamente i capitoli, mostrare alcune scene per volta e lasciare sempre col fiato sospeso è un accorgimento molto riuscito; inoltre permette di smorzare la noia che potrebbe derivare dal dover sorbirsi per un capitolo intero le ossessioni e le paure di un singolo personaggio o le atmosfere di un unico luogo.
SPOILER! Quanto al tema di fondo - la manipolazione genetica - non mi ha colpita molto. O meglio, mi ha sorpresa il fatto che un tema contemporaneo sia stato messo alla base di un romanzo fantasy – condivido l'autore quando afferma di non voler scrivere fantasy di pura evasione e intrattenimento, bensì fantasy “impegnato” e attento al reale. Semplicemente, i temi contemporanei non mi attirano molto. Ma questi sono gusti personali. In ogni caso, che il tema mi toccasse da vicino o meno, il romanzo alla fine centra il bersaglio: ti induce comunque a riflettere, tramite una trasfigurazione letteraria, su qualcosa che appartiene al nostro tempo. Ovviamente neanch'io, come l'autore afferma nella Nota finale, saprei scegliere se schierarmi dalla parte di Thal Dom Djew o Aseena Do Raghi. Semmai – e qui mi ritrovo ancora d'accordo con D'Angelo – mi sento molto vicina, proprio umanamente parlando, a Mordha (che tra l'altro è uno dei personaggi cui mi sono affezionata di più). FINE SPOILER
Personaggi
Indubbiamente sono il punto forte del romanzo. Come recita la citazione in copertina:
"D'Angelo è un autore veramente abile nell'approfondire le tensioni emotive dei personaggi che popolano i suoi romanzi."
Dopotutto, lo stesso autore sul suo sito afferma che "La Rocca dei silenzi è un romanzo di personaggi"; direi che D'Angelo è riuscito con successo nei suoi propositi: man mano che la storia procede, il quadro individuale di ogni personaggio si arricchisce, completando l'affresco di sfumature e particolari che rendono i personaggi “dannatamente umani”. Questo era l'intento di D'Angelo e, mi permetto di dire, questo è il tipo di romanzo fantasy che avrei sempre voluto leggere (e nel dir questo non eccedo con l'elogio, ma dico solo la – mia – verità). A differenza di altri – qui ancora parliamo di impressioni soggettive, a ognuno le proprie – io non ho avvertito questo distacco incolmabile tra me-lettore e i personaggi sulla carta. E' vero che un po' tutti inizialmente spiazziano e ti fanno domandare: “Ma lui da che parte stà? E' cattivo o buono? Ci si può fidare di lui? Chissà che non tradisca all'ultimo momento?”; tuttavia la gamma di difetti e ossessioni che li caratterizza è così vicina a noi esseri umani in carne ed ossa che col tempo – con cautela – mi sono accostata affettuosamente quasi a tutti i personaggi.
SPOILER! Andando più nello specifico: Thal Dom l'ho sentito vicino per la sua lucida follia, la sua apparente durezza ed infine la sua fragilità (inutile aggiungere che quando è morto è stato un colpo al cuore, forse anche perchè non mi aspettavo che venisse liquidato così... magari speravo, sognatrice e idealista come sono, una morte più “eroica”, e lo stesso ho pensato per la morte di Moenias); Mordha mi ha affascinata, mi ricorda un po' lo stereotipo del “gigante buono” (non so perchè ma, nella mia stramba fantasia, l'ho immaginato con la voce di Vin Diesel di The Chronicles of Riddick; per altri versi l'ho accostato a John Coffey del film Il miglio verde, forse perché dopo un po' ho sospettato che questa volta non poteva trattarsi di un sicario malvagio fino al midollo ma che dietro l'aspetto imponente e tetro Mordha nascondesse una grande sensibilità); Vòrak non so come definirlo... mi ha colpito perchè non è il solito nano spaccone e alcolizzato (il suo prestar fede, fino alla fine, alla sua "Kuaad" - la vendetta - gli conferisce molto spessore), ma ho iniziato ad averlo in antipatia da quando ho capito che avrebbe fatto fuori Thal Dom; Leshà mi ha dato un po' i nervi per il suo fare la parte della “piagnucolona che chiede protezione a chiunque” e credo che, insieme a un po' tutti i personaggi femminili, non sia stata approfondita adeguatamente (tuttavia il suo modo di essere viene giustificato abbastanza durante il romanzo, dunque non ho visto incoerenza e anche questo personaggio è molto credibile); Dèwera è la nota frizzante in tanto spargimento di sangue; Darija l'ho trovata anonima e abbozzata (ma non fa molta differenza visto che sarebbe uscita fuori di scena ben presto); Muèlm, con tutte le sue debolezze, l'ho sentito vicino tanto quanto Thal Dom (poi io ho un debole per tutto ciò che riguarda il deserto, il vento, e comunque tutte le metafore della Libertà). Quanto ai potenti della Torre di Dothrom, ho persino compreso l'atteggiamento di Greon, ho capito quale peso gravasse su di lui e cosa significasse essere l'Arhà della Torre di Dothrom, covo di corrotti senza scrupoli (Greon è come il Principe ideale descritto da Machiavelli: quando mai il potere non ha avuto un prezzo? Quando mai potere non ha fatto rima con “scendere a compromessi” o, peggio, “corrompere ed essere corrotti”?). Ultima menzione per coloro che forse sono stati i veri protagonisti – ignari – del romanzo: le mostruose – ancora “terribilmente umane” - creature che appestano la Rocca dei Silenzi. Sono le tante pecore Dolly, volendo riprendere la Nota finale dell'autore, che mi hanno fatto rabbrividire a prima vista, come accade sempre quando siamo di fronte al “diverso”, ma che mi hanno fatto una grande tenerezza quando le pagine del romanzo mi hanno mostrato gli orrori cui erano destinate... per non parlare poi della parabola finale: vederle bruciare mentre si agitavano nelle gabbie è stato un po' come se fossi stata io stessa ad appiccare il fuoco. Piccola menzione anche per le taccole: parentesi vivace e dettaglio che arricchisce l'atmosfera del romanzo. FINE SPOILER
Ambientazione
Poco da dire, in quanto in realtà dell'ambientazione si è visto ben poco. Scelta ragionata dell'autore, sulla quale non posso obiettare nulla. Infondo, a cosa sarebbero servite le descrizioni di luoghi lontani quando il fulcro della vicenda è la bipolarità costituita da Ammothàd e dalla Torre di Dothrom?
Stile
Qualche altro appunto sulle scelte stilistiche. Le parolacce, ad esempio: non le condanno. Anche se a volte mi è sembrato di ascoltare una battuta tratta da qualche film di Quentin Tarantino, non posso neanche affermare che le parolacce facciano crollare la coerenza dell'ambientazione. Anzi, le parolacce, oltre ad essere molto efficaci espressivamente, rendono maggiormente l'umanità dei personaggi. Certo, in un mondo fantasy, se proprio vogliamo essere pignoli, sembrano stonare (l'ideale sarebbe inventarne di nuove, adattandole alla cultura e le tradizioni del mondo creato, ma si tratta di un lavoro immane), tuttavia questa è stata la scelta dell'autore e come tale va rispettata. Poi mi è parsa una cosa molto originale. Mi soffermo un attimo anche su un altro aspetto: le parentesi riguardanti i fugaci amplessi tra alcuni personaggi. Come le parolacce, ci stanno anche queste cose: immaginiamo un gruppo di persone, maschi e femmine, costretti a condividere gli stessi spazi per un certo tempo... non credete che prima o poi ci scappi qualche incontro? Basta pensare a cosa succede nei reality per capire che non stiamo parlando di nulla di assurdo. Quel che conta, comunque, è il fatto che nonostante parolacce e allusioni sessuali l'autore non sia mai scaduto nella volgarità fine a se stessa: io non sono in nessun caso rimasta disgustata (escludendo i passaggi splatter inerenti le battaglie, ma lì era doveroso che i fatti facessero inorridire!). Concludo con una piccola nota dolente: in alcuni passaggi (mi riferisco alle scene d'azione) mi sono ritrovata un po' disorientata, non riuscendo a capire chi stesse facendo cosa... non capisco però a cosa sia dovuto e non saprei direi come D'Angelo avrebbe potuto descrivere quelle scene diversamente... Anche i dialoghi a volte mi hanno spiazzata... forse qualche frase retorica di troppo o giri di allusioni troppo intricati... ma si tratta di rare eccezioni.
In conclusione, posso affermare che gli euro spesi per la Rocca dei Silenzi sono valsi il piacere di leggere il romanzo (cosa che non è accaduta per altri libri di cui parlerò in seguito, ma per ora teniamo a mente un nome: Licia Troisi). La ragione del 7.5 come valutazione sta nel fatto che mi sarebbe piaciuto riscontrare una pari profondità psicologica nei personaggi femminili rispetto a quelli maschili.
Link correlati:
La Rocca dei Silenzi su IBS
La Rocca dei Silenzi su Wikipedia
Il blog dell'autore
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